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Ormai le gestiamo in automatico, ogni giorno, costantemente; fanno parte della nostra vita, della nostra routine, determinano il nostro modo di lavorare, i nostri rapporti, la nostra comunicazione.

Eppure non diamo loro tanta importanza, a volte rispondiamo in automatico e le apriamo senza pensarci: il nostro rapporto con le email è spesso meccanico, abitudinario. Manca una vera educazione all’uso di uno strumento che permea la nostra esistenza in modo determinante. Sapere come gestire le email, e come crearne di fantastiche, a volte è fondamentale.

Vediamo insieme alcuni aspetti a cui forse non vi sarà capitato di pensare ma che potrebbero cambiare completamente il vostro modo di comunicare.

 

Non si può non comunicare

Cominciamo da Watzlawick, che nella sua Pragmatica della comunicazione umana, sosteneva appunto che “non è possibile non comunicare” ossia che ogni tipo di risposta, persino la non-risposta, implica un messaggio. Questo vale sicuramente anche per le email: il nostro modo di rispondere fornirà all’interlocutore un messaggio che va al di là della risposta stessa. Se ad esempio non rispondiamo ad una mail va da sé che l’interlocutore si sentirà ignorato. Analogamente se la nostra email sarà breve o scritta male implicitamente staremo trasmettendo una sensazione di poca importanza. Magari non c’è nulla di sbagliato in questo genere di risposte (dipende chi abbiamo dall’altra parte), l’importante è esserne consapevoli e non trasmettere un messaggio diverso da quello che vogliamo dare.

 

Nei panni dell’altro

È chiaro che ogni comunicazione nasce dal desiderio o la necessità di trasmettere delle informazioni. Questo nostro bisogno però deve incontrarsi con il desiderio o il bisogno dell’altro di riceverle. L’informazione che riusciremo a trasmettere sarà infatti pari non a quanto diremo, ma a quanto l’altro è disposto ad ascoltare.

Buona norma quindi sarebbe quella di scrivere mail commisurate più sulla disponibilità del destinatario che sul nostro bisogno di trasmettere un’informazione. Mettiamoci quindi nei panni dell’altro, domandandoci ad esempio quanto tempo potrà dedicare alla nostra mail e che interesse avrà a leggerla. Provate a farlo e notate se per caso il vostro modo di scrivere cambia.

 

Less is more

In una ormai celebre missiva Pascal apriva così il discorso: “Mi scuso per la lunghezza della mia lettera, ma non ho avuto il tempo di scriverne una più breve”. La capacità di sintesi, di rifinire i propri testi e di eliminare le parti inutili è una vera e propria arte, che può rendere la nostra comunicazione infinitamente più impattante, potente ed efficace (oltre che pratica). Quindi esercitatevi nell’arte dell’essenzialità, del dire di più con meno, e vedrete che anche i vostri interlocutori apprezzeranno.

 

Sentire le voci

A volte chi legge immagina una voce che parla nella sua testa (magari sta accadendo anche a voi in questo preciso istante). Questo ci fa capire come anche la fredda lettura di un testo scritto acquisisca una componente di “teatralità” che può avere un certo impatto emotivo.

È quindi fondamentale considerare questo aspetto più emozionale che le parole possono trasmettere, ad esempio scegliendo un lessico particolare, o una costruzione del periodo più impattante. La creatività in tal senso può essere coltivata, l’importante è domandarci prima che effetto vogliamo generare nel nostro lettore e immaginare come possiamo ottenerlo usando “la magia delle parole”.

 

 

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